Uno tra i brand più rinomati del made in Italy, un’azienda di fama internazionale dal valore di oltre 500 milioni di euro, 5700 dipendenti in Italia e all’estero, una collezione di riconoscimenti internazionali tra cui il Global Economy Prize. Forse non tutti sanno però che dietro il successo di Brunello Cucinelli, il “re del cashmere”, si cela un approccio profondamente etico e filosofico al mondo del lavoro e all’impresa, la ricerca incessante di un giusto equilibrio tra “profitto” e “dono”.
L’imprenditore umbro si racconta in questa intervista in cui rievoca l’infanzia in una famiglia di contadini diventati operai, la scoperta della filosofia in età giovanile e infine, abbandonati gli studi di ingegneria, la decisione di avviare la propria azienda. Siamo sul finire degli anni ’70 e Cucinelli si distingue sul mercato grazie all’idea, innovativa per l’epoca, di confezionare capi femminili in cashmere colorato.
Mi son detto: qualsiasi cosa faccia nella vita, vorrei farla per migliorare le condizioni dell’essere umano nel lavoro e per la sua dignità, per la dignità morale ed economica nel lavoro.
Nel 1982, l’imprenditore si trasferisce a Solomeo, dove di lì a qualche anno acquista il castello diroccato del XIV secolo per farne la sede della propria azienda. L’obiettivo di Cucinelli è di creare un nuovo modello di impresa, in grado di promuovere attivamente lo sviluppo del territorio e la qualità della vita dei lavoratori grazie a un trattamento economico migliore e una gestione ottimale della giornata lavorativa.
Cucinelli dunque non intende affatto stravolgere il piccolo borgo umbro da lui scelto come sede bensì diventarne il “custode”, portandone avanti l’antica tradizione di centro produttivo e conciliando vecchio e nuovo in un progetto dalle implicazioni non solo economiche ma anche culturali e civili.
Nel corso dei decenni, l’industriale umbro difatti si è dedicato al restauro del paese, dotandolo di una biblioteca e di un teatro, fortemente voluti come centri di cultura, aggregazione e di scambio tra gli abitanti e i visitatori.
Il lavoro, di qualsiasi tipo sia, non deve mai essere tale da divorare la vita delle persone, il loro riposo, il tempo per l’equilibrio tra l’anima e il corpo.
Nel 2013 fonda la Scuola di Solomeo di Arti e Mestieri, avente lo scopo di conservare e tramandare l’artigianato. In particolare, la scuola si prefigge di trasmettere ai giovani il valore dei manufatti come prodotti d’arte e del lavoro manuale come frutto della creatività e dell’impegno, e non come mero ripiego rispetto a percorsi professionali ritenuti più prestigiosi.
Nel 2018, dopo quattro anni di lavori, viene inaugurato il Progetto per la Bellezza: tre parchi nella valle ai piedi del borgo, realizzati recuperando parte del terreno un tempo occupato dagli opifici della zona.
“Volevo realizzare un’impresa che facesse profitti con etica, dignità e morale. In cosa consiste? Consiste in lavorare in condizioni migliori. Se l’essere umano lavora in condizioni migliori è sicuramente più creativo. E da una parte noi crediamo in un prodotto di grande artigianalità, di grande qualità e di grande creatività, questo esclusivamente con l’uomo possiamo farlo. E in questo prodotto io volevo dare anche un sistema di vita e di lavoro nostro, italiano, perché ho l’impressione che se qualcuno dovesse comprar qualcosa, secondo me almeno i giovani, si va a informare su come viene fatto, e se viene fatto in una certa maniera, anche il prodotto risulta essere migliore sotto un certo profilo […]
Credo che sia proprio un mondo nuovo, l’alba di un mondo migliore che sta arrivando anche nei rapporti umani. Questo potrebbe fare la differenza e non escludo che noi italiani, essendo maestri e padri delle grandi arti, potremmo essere anche coloro che per primi regolano questo rapporto nuovo tra proprietà e lavoratori, quindi rispetto e dignità per il lavoratore.
Questi profitti dividerli in 4 parti molto nitide: una parte importante all’azienda, della quale io mi sento custode e non proprietario, una parte a me personale […], una parte importante ai ragazzi che lavorano nell’azienda sotto forma di stipendi migliori perché possano avere una vita leggermente migliore, e una parte importantissima, circa il 20% dei profitti, da destinare per abbellire l’umanità: abbellire l’umanità che vuol dire comunque la costruzione di un teatro, il restauro di una chiesa, la costruzione di un ospedale e magari aiutare qualcuno che ha necessità. Questo è l’obiettivo di base di quest’impresa […]
La scelta di costruire una fabbrica in un paese viene da una bella espressione che Jean Jacques Rousseau dice intorno al 1750: le nostre città sono difficili da vivere, abbiamo bisogno di ritornare nei borghi, ridiscutere e riprogettare l’umanità, che trovo modernissimo […]
Abbiamo cercato in qualche maniera di dividere i progetti dell’impresa in due: i progetti triennali e i progetti a 5 secoli. Cioè l’azienda lavora a 3 anni ma deve immaginare anche di migliorare l’umanità quindi io immagino che questo teatro a cui noi teniamo moltissimo possa essere ancora qui tra 500 anni. Se si hanno certi valori, il tasso di creatività è diverso […]”
Potete vedere l’intervista integrale qui:
Brunello Cucinelli si racconta > Un'impresa con al centro l'uomo
Brunello Cucinelli racconta la sua parabola imprenditoriale: gli inizi, la gavetta e il successo (Archivio della Generatività – H2biz TV).
Posted by H2biz on Friday, June 8, 2018